La memoria dell’acqua: un mistero affascinante

La capacità dell’acqua di memorizzare e reagire agli stimoli esterni e le ricerche di Masaru Emoto in questo campo

L’acqua è l’elemento fondamentale senza il quale non ci sarebbe vita sulla terra, tanto è vero che ciò che differenzia il nostro pianeta dagli altri del sistema solare è proprio la presenza dell’acqua. Circa il 71% della superficie terrestre è occupato da questo straordinario elemento: basta pensare al vapore acqueo presente nell’aria, ai laghi, ai fiumi, agli oceani e ai ghiacciai.

A partire dagli anni Novanta del secolo scorso sono stati condotti numerosi studi sull’acqua e sulle sue straordinarie proprietà di interagire agli stimoli esterni. Il medico francese Jacques Benveniste eseguì degli esperimenti su una particolare tipologia di globuli bianchi, i basofili, arrivando a sostenere che le molecole d’acqua, con cui venivano diluiti gli anticorpi, mantenessero in qualche modo una memoria di tali anticorpi anche quando questi non erano più presenti all’interno del liquido. Benveniste fu infatti il primo a parlare proprio di una memoria dell’acqua dopo i suoi esperimenti del 1988. In questo articolo esploreremo quindi le teorie e i diversi esperimenti condotti per spiegare l’affascinante fenomeno della memoria dell’acqua e le sue implicazioni in ambito scientifico e culturale.

Che cos’è la memoria dell’acqua?

Con l’espressione memoria dell’acqua si fa riferimento, secondo alcuni studiosi, alla capacità dell’acqua di memorizzare informazioni e vibrazioni provenienti dall’ambiente circostante, che comprende non solo molecole o sostanze concrete, bensì anche pensieri, parole, musica e immagini. L’acqua possiede una memoria, in grado di rilevare la vibrazione di un’energia quasi impercettibile, che la cultura giapponese definisce Hado. Le più importanti ricerche in questo campo si devono infatti al ricercatore giapponese Masaru Emoto che ha condotto numerosi esperimenti per dimostrare la capacità dell’acqua di memorizzare e assorbire le influenze provenienti dagli stimoli a cui viene esposta.

Le ricerche di Masaru Emoto sulla memoria dell’acqua

Masaru Emoto, nato nel 1943 a Yokohama, in Giappone, ha dato inizio ai suoi primi esperimenti negli anni Novanta, pubblicando poi le sue scoperte nel libro “The Hidden Messages in Water” (2004). Per condurre le sue ricerche, Emoto esponeva inizialmente l’acqua a diversi stimoli esterni, come parole scritte su foglietti di carta, musica di vario genere e persino preghiere. In una seconda fase, l’acqua che era stata sottoposta a determinati stimoli veniva congelata a una temperatura convenzionale di -4° e venivano fotografati i cristalli di ghiaccio formatisi.

Emoto affermava che i cristalli di ghiaccio formatisi a partire dall’acqua sottoposta a stimoli positivi, come parole gentili o musica armoniosa, presentavano strutture geometriche esteticamente gradevoli e armoniose. Al contrario, quelli generatisi dall’acqua esposta a stimoli negativi, come parole offensive o musica discordante, risultavano disordinati e meno piacevoli alla vista. Questi risultati, secondo Emoto, suggerivano che l’acqua potesse registrare e rispondere alle energie e intenzioni umane.

Osservando i cristalli al microscopio, Emoto ha concluso che l’acqua si comporta come un nastro magnetico in grado di registrare in modo molto sensibile le informazioni energetiche che riceve dall’ambiente. Il cristallo d’acqua è proprio il segno che rende visibile l’influsso della sottile vibrazione energetica, non visibile all’occhio umano, ma in grado, invece, di influenzare la materia.

Alcuni esempi del lavoro di Masaru Emoto

Dopo una fase iniziale in cui i primi esperimenti di Emoto si basavano sull’utilizzo di acqua qualitativamente diversa, con un minore o maggiore grado di inquinamento o proveniente da diverse fonti come laghi, fiumi, sorgenti e ghiacciai in giro per il mondo. Successivamente, Emoto ebbe l’ispirazione di far ascoltare all’acqua della musica, per poi osservare la sua reazione attraverso la fotografia. Concretamente, un flaconcino pieno d’acqua viene posto tra due altoparlanti che emettono diversi brani musicali dall’inizio alla fine. Al termine dell’ascolto, l’acqua viene congelata e fotografata, evidenziando come ogni goccia d’acqua abbia risposto individualmente alla musica ascoltata, ma sempre in relazione alle vibrazioni e alle informazioni musicali ricevute.

Oltre ad esporre l’acqua a armoniose melodie musicali, Emoto decise anche di analizzare le reazioni dell’acqua esposta a immagini o parole scritte, ad influenze non più percepibili com’era invece il caso della musica. Il ricercatore giapponese espose quindi l’acqua a parole con accezione positiva come amore, gratitudine, grazie e così via, per poi confrontare i risultati con l’acqua esposta a parole negative come brutto, stupido o demonio. Emoto notò che l’acqua a contatto con energie positive aveva generato cristalli armoniosi ed eleganti, mentre a contatto con energie negative aveva dato vita a cristalli informi e privi di bellezza.

Le implicazioni culturali delle ricerche di Emoto sulla memoria dell’acqua

Nonostante le critiche, le teorie di Emoto hanno avuto una notevole risonanza al di fuori della comunità scientifica. Le sue idee sono state particolarmente apprezzate da chi pratica la medicina olistica e condivide il suo approccio omnicomprensivo che vede l’uomo come un insieme di mente, corpo e spirito. Il concetto che l’acqua possa “ricordare” e rispondere alle intenzioni umane si inserisce infatti perfettamente in una visione del mondo in cui mente e materia sono profondamente interconnesse.

Le immagini dei cristalli d’acqua di Emoto sono state utilizzate in numerose pubblicazioni, conferenze e documentari, diventando simboli potenti di un approccio più spirituale e interconnesso alla vita. Questo ha contribuito a diffondere una maggiore consapevolezza dei benefici che le intenzioni e le energie positive possono avere nella nostra vita quotidiana.


FONTI:

  1. Masaru Emoto, The Hidden Messages in Water, 2004.
  2. Jacques Benveniste, Nature, 1988.

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